A me fa strano.

Più o meno saranno dieci anni che frequento il mondo del lavoro. Forse di più… ma è uguale.
Lavorando nel settore della formazione, entro tutti i giorni a contatto con giovani freschi freschi di laurea. E… tanto di cappello a chi ha portato a termine questa impresa. Oggi io vivo il contesto universitario in modo assolutamente diverso da quando mi trovavo a sostenere esami, studiare materie comprensibili ed altre indecifrabili.
Indecifrabili perchè trovavo difficoltà nel ricollegarle al mondo del lavoro. Oggi posso dire che gran parte della mia vita professionale è fondata su nozioni, concetti ed elementi pratici che mi sono arrivati da altre esperienze formative. E poi dalla pratica costante del mio lavoro.
Ma questo forse lo sappiamo tutti ed è anche il motivo per cui le aziende vanno alla ricerca di persone con un minimo di esperienza.
Poi mi sono sempre chiesta: ma se io l’esperienza non ce l’ho come posso fare?
Lavorando anche “a gratis” (come si dice)… aumentando le proprie conoscenze e soprattutto cercando quelle più ideonee al tipo di lavoro che desideriamo fare (sempre che lo si sappia).
In certi casi, è forse la mancanza di questa apertura, la voglia di ascoltare qualcosa di nuovo o rendere produttivo quello che si ha, che mi fa strano.
I libri universitari vanno bene, il pezzo di carta anche ma il carattere professionale, l’innovazione, il fare la differenza… richiedono qualcosa in più. [Penso a Steve Jobs]
Mi ha fatto strano sentire un laureato in Scienza della comunicazione dire “Basta con i corsi in comunicazione… non ne posso più!” [E del contenuto di quel corso non ne sapeva nulla. Erano tutte informazioni nuove di zecca]
Oppure “Mi propongo come grafico creativo”.Quali programmi di grafica conosci e sai usare?
“Nessuno. Perchè è importante?”

Perché io penso… se c’è un lavoro che desidero fare, mi proietto avanti… la sera, prima di andare a letto, apro una qualsiasi versione di photoshop e faccio i miei casini. Ne farò tanti ma alla fine avrò scoperto anche qualche funzione. Oppure mi compro un libro (anche in formato bignami) e me lo leggo. E sperimento.


La domanda è: restiamo con le orecchie attappate e ascoltiamo sempre la musica? Oppure le apriamo e vediamo se c’è qualcosa in più che possiamo fare?

Ovviamente ci deve essere la passione. Perché se c’è o no si sente anche un cv scritto. 😉

Solidea

2 Responses so far.

  1. Claudiappì scrive:
    La comunicazione è qualcosa che cambia costantemente, i libri sono la base, poi bisogna sperimentare, vivere e mettere in pratica e, come dici tu, fare la differenza, ma questa non è una cosa che si impara. La differenza puoi farla solo se sei differente 🙂 Di grafici creativi che non sanno usare i programmi o li usano a livello elementare, di copy che non sanno la grammatica è pieno il mondo, ma non vanno molto lontano e, di sicuro, non fanno la differenza. Il proiettarsi verso i propri obiettivi, portarli avanti e riuscire a realizzarli può essere estremamente difficile e, se hai i sensi atrofizzati, direi che è impossibile.
    • Solidea Vitali scrive:
      Condivido assolutamente quello che scrivi. Spesso mi trovo a riflettere su questo… il copy che non sa la grammatica ha la possibilità di migliorarsi? Così come chi usa un programma in modo elementare, ha la possibilità di utilizzarlo in modo eccellente? Secondo me sì. E’ solo che, come scrivi, per qualche ragione i sensi si sono atrofizzati e si preferisce rimanere così.
      Ho scritto questa riflessione perché pensavo ad esempio ai ragazzi che inviano il loro cv… sanno che vogliono un certo stipendio, un posto fisso e garantito ma concretamente non rispondono a questa domanda: perché l’azienda dovrebbe scegliere te? Cosa porti? In cosa puoi fare la differenza?
      Bacio! 😉

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