Se ti senti una mamma sbagliata…
… non preoccuparti! Ce ne sono altre e poi c’è anche un manuale di sopravvivenza scritto a quattro mani da Irene Vella – giornalista e scrittrice – e Roberta Giovinazzo – direttore commerciale e consulente per gallerie d’arte.
“Nati sotto il segno del cavolo” è un libro che mi ha coinvolta sin da subito. Voglio dire: ero interessata a leggerlo prima che vedessi fisicamente la copertina.
Perché? Perché di Irene Vella, che conosco virtualmente, mi piace il suo stile comunicativo: diretto, ironico ed autoironico. L’ho sentita parlare, o meglio l’ho vista scrivere, di stronzamiche (il termine da solo dice tutto) e poi di mamma-merda. La seguo su facebook ed ogni giorno c’è un’avventura con lo Gnomo, con qualche sua frase detta, con qualche sparata che ti strappa il sorriso. E allora la curiosità è scattata.
Gnomo e Biscotto sono i rispettivi figli di Irene e Roberta. Belli, intelligenti, acuti, sinceri, senza barriere e quindi monelli (dentro e fuori).
Irene e Roberta sono due mamme che lavorano e, come tutte le mamme che lavorano, hanno una gestione impegnativa della famiglia, dei figli, degli orari, delle consuetudini. E se non fili dritta secondo canoni stabiliti dalle mamme perfette, diventi inesorabilmente una mamma sbagliata, una mamma-merda, appunto.
Il tema viene trattato con stile ironico, vorrei dire leggero ma non so se il termine è appropriato. Resta il fatto che non parliamo di un trattato pesante che ti offre consigli su come diventare una mamma perfetta e che ti genera ansia da prestazione. E’ questo il punto importante. E’ questo che mi e ci deve far riflettere.
Personalmente ho pensato tanto perché posso dirvi che anche io sono una mamma sbagliata. Per la mia professione, faccio ogni giorno, su di me un gran lavoro. Aspettate! Sono imperfetta, sbagliata se vogliamo usare l’etichetta giusta, ma in realtà sono perfetta. L’ho fatta difficile eh?
La società ci impone delle etichette e ne appiccica di più alle mamme lavoratrici, quelle che per forza di cose hanno meno tempo da dedicare ai loro figli. E’ imposto alle mamme: sapere tutto sulla gravidanza, conoscere la crescita del feto in base alle settimane ed ai giorni ed ai minuti di gestazione, programmare poppate, rispettare le regole e le prassi del nido, della scuola materna, di quella elementare, ecc. Rispettare orari dei pasti e del sonno dei loro figli, leggere favole, abolire tv e video giochi. Insomma, c’è un senso di marcia obbligato che se percorri in maniera leggermente diversa ti senti sbagliata.
Irene e Roberta, ma anche altre mamme nella parte finale del libro, raccontano la loro esperienza di mamme sbagliate, di mamme che lottano contro il tempo per arrivare il tempo a scuola, che lasciano cadere i propri figli e li lasciano guardare la tv per convenienza.
Sarebbe facile dire: ma che roba ragazzi! Ma come si fa a fare la mamma così? Sarebbe facile perché questo è il punto di vista di quelle mamme che tengono tutto sotto controllo, che annullano se stesse per essere vigili al 100% sui propri figli. Oh, sia chiaro: io le ammiro.
Io però sono come Irene e Roberta. Sono una mamma che lavora almeno 16 ore al giorno, mai nello stesso posto. Corro come una matta quando porto mio figlio a scuola, non conoscevo i libri didattici prima della riunione con le maestre (le altre mamme li sapevano tutti, ed anzi li avevano già acquistati), quando scrivo, come adesso, mi sta bene che Enea smanetti sul mio I pad (ho bisogno di tregua).
Insomma: noi siamo quelle mamme che Tata Lucia vorrebbe eliminare.
Ma va bene così. Lo dico da un punto di vista professionale: quando una persona sta bene con se stessa, tutto il resto del mondo può fare sogni sereni.
Un figlio ha bisogno di amore e poco importa se nella sua cameretta ci sono i giochi sparsi. Il rapporto mamma – figlio è un rapporto complesso, la vita stessa è complessa, ma non si basa sulla torta perfetta preparata dalla mamma in un pomeriggio da famiglia Mulino Bianco.
Se pensiamo di fare le mamme sulla base di regole e aspettative stabilite da altri, e che non proprio non sentiamo appartenerci, sarebbe più deleterio per il bimbo, per gli Gnomi e per i Biscotti. Si sentirebbe la mancanza di amore.
La naturalezza, gli errori, le dimenticanze fanno parte di ogni essere umano, e di ogni mamma, e allora è più produttivo accettarsi per come si vuole essere piuttosto che assumere comportamenti forzati (che poi non potranno durare a lungo).
Credo sia questa la lezione più importante che possiamo prendere dal libro “Nati sotto il segno del cavolo”. Se decido di essere donna, mamma e lavoratrice… se decido quindi di mettere in moto tutti i lati della mia personalità , che male c’è? Perché sarei sbagliata?
Un libro che consiglio per riflettere.
Solidea
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