Nel thread che potete leggere
qui abbiamo parlato di come presentare se stessi nel momento in cui si espone un progetto o si relaziona ad un convegno ad esempio.
Il contesto è quello del public speaking e questo topic si rivolge a tutte le persone che devono parlare in pubblico per i più diversi motivi e per fare formazione.
Un modo educato di aprire il nostro discorso è appunto quello di presentarsi anche perché il nostro pubblico ha bisogno di riferimenti chiari su di noi.
Il passo successivo, e fondamentale, è quello di
instaurare sin da subito
un circuito comunicativo aperto con la platea.
E’ possibile
far presentare la platea quando i presenti sono al massimo 20 ed ovviamente quando abbiamo tempo sufficiente.
Far presentare i partecipanti al nostro intervento ha una
duplice funzione: da una parte, avviare una
comunicazione attiva dove la platea diventa anche attore e non solo spettatore;
conoscere il nostro pubblico.
Per “conoscere” non intendo semplicemente sapere il nome ed il cognome di chi ci ascolta ma comprendere le reali aspettative, entrare nella sua posizione e percezione.
Questo passaggio è estremamente importante perché costituisce il momento della raccolta del
feedback iniziale (quello da cui partire).
Le
domande da rivolgere al pubblico potranno essere queste:
- nome;
- professione svolta;
- livello di conoscenza degli argomenti trattati (e se ha frequentato corsi simili, nel caso operiamo nella formazione);
- aspettative nei confronti di questo momento.
Queste sono, secondo me, le informazioni di base necessarie per una buona performance di public speaking.
Per chi ha una buona memoria, sapere (e quindi ricordare) il
nome del partecipante sarà utilissimo per instaurare un clima di vicinanza e contatto più profondo.
La
professione ci interessa perché nel momento in cui andiamo a fare degli esempi, cercheremo, di volta in volta, di renderli il più vicino possibile al mondo di chi ci ascolta.
Conoscere il livello di “
sapere” sugli argomenti che andremo ad esporre contribuirà ad arricchire il nostro modo di trattarli.
Ad esempio, se in sala (o in aula) c’è qualcuno che proprio non ha mai sentito parlare della materia, nel corso della nostra performance dobbiamo dare spiegazione dei termini tecnici o specifici.
Alterniamo quindi nella nostra comunicazione verbale termini e contenuti di livello superiore (se ci sono persone, anche una soltanto, che partono da qui) a termini, concetti e principi base. In questo modo tutti saranno soddisfatti delle informazioni ricevute.
Le
aspettative dei partecipanti rappresentano la chiave più importante, un feedback preziosissimo per noi.
In pratica ci viene detto e svelato il “perché” della presenza, cosa vuol sentire e a cosa gli può servire il nostro contenuto.
In linea generale, noi arriviamo all’appuntamento con il contenuto “preparato” (per punti o nello specifico) e quindi abbiamo già un’idea precisa su cosa dire e come dirlo.
E qui entra in gioco un altro elemento (o strategia) del parlare in pubblico: la naturalezza.
Questo vuol dire che, per quanto preparato, il nostro discorso si dovrà adattare perfettamente al contesto ed al pubblico.
Essere naturali significa evitare di camminare in modo rigido dentro lo schema che avevamo costruito e lasciare spazio all’improvvisazione e all’adattamento del contenuto al target in sala.
Spesso, infatti, è difficile avere una “scheda” dei partecipanti dove possiamo reperire informazioni utili.
In questo momento di presentazioni possiamo farlo ed il nostro contenuto dovrà essere organizzato in modo da rispondere alle esigenze dichiarate della platea.
Secondo me, una buona tecnica è quella di ascoltare attentamente ed evitare di scrivere (prendere appunti) perché questo atto potrebbe far sentire i presenti giudicati.
Se abbiamo venti persone potrebbe essere difficile ricordare tutto di tutti. In questo caso la strategia migliore è quella di ricordare almeno 5 persone ed anche genericamente più professioni possibili. Sarà nostra cura sviluppare un sistema per memorizzare al meglio.
Come iniziare questo giro di tavola?Lasciare libera iniziativa alla platea potrebbe creare un blocco perché in molti si tireranno indietro.
Sarà necessario anticipare come avverranno le presentazioni, ad esempio in questo modo: “Vogliamo conoscerci meglio? Mi farebbe piacere ascoltare il vostro nome, professione ed avere informazioni su quanto avete confidenza con l’argomento X e per quale motivo potrebbe esservi utile approfondire.
Iniziamo dall’ultima fila, da destra verso sinistra e andiamo avanti. Tanto tocca a tutti!” (Sorriso).
Perché dall’ultima fila? Semplicemente per spezzare un’abitudine mentale (quella che chi è avanti parla per primo e l’ultima fila è al sicuro) e per creare movimento di attenzione sin da subito.
Ascoltare significa
ascoltare veramente e mostrare un sincero interesse per ogni presentazione (se possibile, è funzionale scambiare qualche battuta in qualche caso).
Evitiamo di far procedere con il dito puntato come a dire “adesso tocca a te”. Se utilizziamo le mani per invitare alla presentazione allora cerchiamo di controllare il movimento e facciamolo con il palmo della mano rivolto su (verso il cielo per intenderci).
In questi casi la platea può procedere benissimo anche da sola (un a volta capire ed assimilato il procedimento) ma, secondo me, è molto importante seguirla con lo sguardo.
La funzione di chi parla in pubblico dovrà essere anche quella di intervenire quando la presentazione è troppo lunga e quindi una precisa scansione del tempo (cioè far abituare il pubblico al nostro ritmo non verbale) unita alla dichiarazione verbale che le presentazioni verranno fatte in modo sintetico (il che rassicura chi si dovrà presentare e mostra un po’ di timore) per motivi di tempo.
Può capitare che qualche partecipante si trovi a disagio e che quindi inizi bene la sua presentazione ma poi si blocchi. In questo caso dobbiamo aiutarlo rivolgendo una domanda mirata.
Se abbiamo venti partecipanti sarà necessario
intervallare con qualche frase perché questo momento potrebbe essere percepito come interminabile. L’ideale sarebbe dare qualche chicca e anticipazione di ciò che andremo a vedere insieme.
Questi piccoli intervalli avranno lo scopo di interrompere la monotonia e generare curiosità su ciò che andremo ad esporre.
Per chiudere questo lungo post mi pongo una domanda:
ma perché cavolo mi devo preoccupare di conoscere il mio pubblico quando sono già in tensione per la mia prestazione ed ho la testa incasinata da ciò che vorrei dire o non mi ricordo niente di ciò che dovrei dire?E mi rispondo:
perché andrai a comunicare con un pubblico, soggetto attivo e attore principale di questo processo.