Lo stato d'animo

In questi giorni stavo riflettendo (anche io ogni tanto lo faccio! 🙂 ) sull’influenza del nostro stato d’animo nei confronti del nostro interlocutore.

Ho cercato di trasformare questa riflessione anche in pratica cercando di applicarla in uno dei contesti che ritengo abbastanza complessi: con il mio piccolo amore (mio figlio).

Lui ha sempre poca voglia di farsi cambiare il pannolino.

 Un giorno in cui avevamo fretta, mentre stavamo cambiando il pannolino, ho usato un tono di voce che rispecchiava esattamente la mia frenesia. Il risultato è stato pessimo. 🙂

Modificando il mio stato d’animo la situazione è cambiata. In meglio ovviamente. 😉

Il nostro stato d’animo influenza il risultato della nostra comunicazione con gli altri, ed anche tanto!

Voi cosa ne pensate?

Un sorriso!

Solidea

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7 Responses so far.

  1. GcomeGiggio scrive:
    Il nostro stato d’animo influenza il risultato della nostra comunicazione con gli altri.

    In famiglia puo’ darsi che sia cosi’.
    Ma fuori, se incontri un cretino, puoi essere calmo oppure no, quello cretino resta.
    E il risultato pure. :p
    Bacioni

    • Solidea Vitali scrive:
      @GcomeGiggio: Buongiorno G! 🙂
      Le tue osservazioni sono sempre acute ed il tuo passaggio nel blog è sempre una piacevole sorpresa!
      Quello che scrivi è giusto, cioè lo condivido. Credo soltanto che la condizione di essere un “cretino” sia più un modo di essere che non uno stato emozionale.
      Forse ho scritto un po’ poco nel post per trasmettere quello che intendo dire. Riprendendo l’esempio che citi in risposta direi: se parli con un cretino agitato ed anche te sei agitato, l’agitazione del cretino aumenterà. Se cerchi invece di riportare il tuo stato d’animo ad un livello di calma è probabile anche anche il cretino ne risenta in positivo.
      Questo ovviamente influisci solo sul suo stato d’animo e non sulla condizione di essere un cretino. Se per noi è un cretino, cretino rimane. 😉
      Non sò se mi sono capita G! 🙂
      Tanti baci a te!
      Solidea
  2. alberto consoli scrive:
    Solidea,
    io penso invece che in primi bisogna modellarsi con il nostro interlocutore, ed una volta che siamo in feeling trasportare noi l’interlocutore nello stato d’animo che desideriamo fargli provare!
    Ti faccio un esempio:
    Se chiamo un cliente al telefono pagari per proporgli un mio servizio/prodotto e questo mi risponde tutto giù, quasi arrabbiato ed io gli parlo tutto allegro con un gran tono di felicità siamo su due lunghezze d’onda diverse e per me non si entrerà mai in empatia!
    Che dici?
    • Solidea Vitali scrive:
      @Alberto Consoli: Buongiorno Alberto! Penso che condivido ciò che scrivi ed il percorso di “rispecchiamento” che delinei. In questo caso ho fatto riferimento al processo comunicativo con mio figlio (20 mesi)… in queste logiche ho potuto notare (ma questa è una mia personale valutazione) che la modifica dello stato d’animo avviene in modo più semplice, diretto e facile. Posso, per la mia esperienza, dire che con i bimbi piccolissimi tutto si traforma più in fretta. Penso, ad esempio, a quando cadono e si fanno male. Piangono tantissimo. Basta una distrazione positiva per far riemergere uno stato d’animo diverso.
      Al contrario, con gli adulti, la strategia da adottare è assolutamente quella che scrivi te. Prima si rispecchia, per acquisire fiducia e per far aprire quindi l’interlocutore, poi di coinvolge in un processo di ristrutturazione emotiva.
      Grazie per il commento!
      Solidea
  3. alberto consoli scrive:
    Forse le tecnica che hai usato tu con tuo figlio potrebbe essere efficace quando l’adulto con cui ti raffronti ha estremamente fiducia in te o comunque sei già una persona cara a lei, quindi appena ti vede entra già in empatia con te e si rispecchia al tuo stato d’animo 🙂
  4. alberto consoli scrive:
    Grazie a te per i contenuti sia del tuo blog che del forum veramente molto utili!

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