E quando un pesce d’aprile è drammatico, altamente beffardo e mette a rischio la vita? Quando succede qualcosa d’inaspettato, qualcosa di feroce, che rovescia il mondo addosso e congela il cuore? E la vita non sarà più come prima?
“Pesce d’Aprile” è il libro scritto da Daniela Spada e Cesare Bocci, edito Sperling & Kupfer, in libreria da Aprile 2016, mese d’uscita che rimarca il concetto.
Cesare lo conosciamo tutti per la sua carriera di attore. Mi basta scrivere Mimì Augello che abbiamo capito di quale Cesare si tratti. Noto al grande pubblico per il ruolo interpretato nella serie Il Commissario Montalbano, è attore teatrale, ma soprattutto un uomo che ha lottato per raggiungere il lavoro tanto amato. Altro che gavetta! Qui parliamo di un uomo che, passo dopo passo, accettando ogni lavoro, non ha mai tradito la sua vera passione. Cesare ha sperimentato la vita, ricorda le sue origini, resta sempre se stesso, è calmo, organizzato, puntuale e con la testa sulle spalle.
Daniela Spada è la sua compagna da ventitré anni, il loro amore è nato a Fiumara Grande, il più grande porto naturale delle coste italiane.
Daniela è travolgente, curiosa, avventurosa, tenace, balla, suona, pratica sport, disegna, realizza progetti grafici, scrive; non vive la vita, la genera, piuttosto. Ha un approccio pluridisciplinare, s’impegna in tante attività, le avventure le affronta in sella alla sua Honda Transalp 600V. Le piace sentire il vento sulla pelle, il sapore della scoperta, l’energia capace di liberare la creatività. Veloce e caotica, ma parliamo di quel caos geniale, è esattamente l’opposto di Cesare. La magia di due caratteri diversi esplode in un amore unico, di quelli che si avvertono subito nell’aria.
Il 26 Marzo nasce Mia. Il 1 Aprile 2000 il pesce d’aprile riserva a Daniela un ictus, un embolo che raggiunge il cervelletto, uno di quelli che potrebbero andarsene con un colpo di tosse e invece no, non questa volta, una delle pochissime casistiche cliniche.
E’ qui che la vita cambia: un istante prima tocchi il cielo con le dita perché sei genitore, perché quella vita indifesa ti riempie il cuore e l’attimo dopo, senza preavviso, cadi a terra come sbattuto da uno tsunami. Sbatti e sprofondi tra le paure, tra l’odore in una rianimazione che non conosci, tra tubi freddi e volti stravolti di chi vive la tua stessa angoscia.
Il libro è narrato a due voci, quella di Cesare e Daniela, due punti di osservazione, due voci che partono leggere e felici nel raccontare l’inizio del loro amore, nel rimbalzarsi difetti e pregi. Dal 1 aprile 2000 la voce di Daniela non si sente più. Parla solo Cesare, narra con lucidità esterna i fatti, la drammaticità di una vita che ti lascia solo e ti mette alla prova. La lucidità non corrisponde a ciò che sente dentro. Quello deve restare soffocato, non c’è tempo di razionalizzare le emozioni. Cesare affronta medici, cerca soluzioni, vuole spiegazioni. S’imbatte nell’imbecillità e nell’incompetenza di alcuni medici e infermieri, nella freddezza di un mondo che considera il paziente come un numero. Niente di più. Come se non avesse paure, come non avesse un mondo che lo aspetta, e come se accanto avesse sterili robot che permettano la negligenza, l’indifferenza.
Cesare parla con il cuore e, nel corso della narrazione, affronta anche la sua coscienza. Mia verrà accudita dalle Superzie, lui si concentra su Daniela.
Cosa significa fare questa scelta? Cosa si scatena dentro? Quali valori vengono stravolti? Quanta forza ci vuole per prendersi cura della piccola?
Dopo un mese di rianimazione, Daniela riapre gli occhi e con sofferenza e sforzo oltre ogni umana immaginazione, lotta per riprendersi la vita. La carrozzina, la parte sinistra del corpo addormentata, la memoria che va e viene, la parola e i movimenti incerti… è da qui che deve ripartire. Il mondo, visto da questa prospettiva, è diverso. Soprattutto quando gli incoraggiamenti te li devi dare da solo.
Cosa si è portato via l’ictus? Quasi tutto di quello che c’era prima, ad eccezione dell’amore tra Daniela e Cesare. Un amore che sfida le diagnosi sconfortanti tipo “Sua moglie non camminerà più, se ne faccia una ragione”, un amore che sfida l’ascensore troppo piccolo per entrarci con la carrozzina, i controlli per accertare una volta per tutte l’invalidità di Daniela; le difficoltà nel credere che ci siano ancora spazi per sognare, i risvolti psicologici nel coltivare il rapporto da genitori con Mia.
Quando tutto finisce, si può scoprire qualcosa di nuovo, con una resistenza e con quel coraggio che pensavi non possedere. Si ritorna alle piccole cose, ai valori profondi, alla famiglia, all’onestà, all’umiltà, all’amore vero, all’unione dei cuori.
Daniela e Cesare ci fanno salire con loro nell’altalena della vita, ci confidano le loro paure e sofferenze, il loro essere donna e uomo.
Cesare è Cesare uomo, anche se la loro tata lo chiamava Sergio, almeno all’inizio.
Daniela trova la forza, tra lacrime e momenti di sconforto, di reinventarsi. Prende la patente BS, investe la sua energia nei dolci e fonda la scuola “Cucina amore mio”. Scrive nel blog cucinaamoremio.com, è un talento nel trasmettere passione, dolcezza e ironia. E si sente, anche da dietro il monitor, la sua determinazione.
La loro esperienza di vita è un esempio da seguire, un invito a volare anche quando le ali sembrano pesanti.
Il libro va letto perché contiene messaggi che dovremmo ricordare ogni momento, perché è la storia di due cuori che affrontano le avversità, il dolore, la fragilità e la fatica di ritrovare la forza per affrontare la vita. “Invece di pensare a quello che non potete più fare, pensate a quello che avete in più”, ci dice Daniela.
E mi piace vederli nell’altalena in copertina, i loro sorrisi sono emozionanti, gli sguardi che s’incrociano ricordano la potenza dell’amore: il loro ma anche quello che donano a chi ne ha bisogno.
Mia ha due genitori speciali; lei lo è ancor di più.
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Beh, il cammino è difficoltosissimo e lentissimo ma da qualche parte si arriva! (io non ho intenzione di fermarmi… MAI, c’è Mia da portare da qualche parte e da andare a riprendere, torna da scuola, dobbiamo prepararle il pranzo, non mangerà niente… Ma stasera… PIZZA).
Credo sia anche una riflessione profonda per tutti. E sì, Mia deve vivere la sua età. E’ bella come il sole!
Grazie Daniela e buon inizio di settimana.